Non conosco molto di Giovanni Negri, seppure ne abbia sempre sentito parlare come uno dei più brillanti radicali passati per quel di Torre Argentina.
Ebbene, devo ammettere che, leggendo il suo intervento sulla penosa questione Pannella-Bonino che domina la cronaca da qualche giorno, l’ho trovato il più indovinato e incisivo.
Negri scrive che ai radicali servirebbe un ventenne, un ragazzo o una ragazza normale, un ventenne che studia, lavora, che la politica la sente e la coniuga anche grazie alla propria ordinaria quotidianità. Un ventenne che non vive necessariamente a Roma, che magari non ha mai sentito parlare dei vari Aldo Capitini, Ernesto Rossi, Mario Pannunzio, che non si è forgiato ascoltando le conversazioni di Marco Pannella alla domenica su Radio Radicale, un ventenne che sente di poter contribuire a scrivere il proprio futuro e quello della società in cui vive, una società globalizzata, che evolve e muta a vista d’occhio.
Un ventenne estraneo alle cooptazioni, che faccia e agisca secondo le proprie convinzioni, che non senta il bisogno di impressionare Pannella o chi per esso, un ventenne normale, che non significa per questo ordinario.
Un ventenne – scrive Negri – che creda a un partito dove si parla e si vota.
Ecco, a differenza di altri, credo che Giovanni Negri, nello scrivere quel suo intervento, non abbia pensato neanche per un momento che per rifuggire dalla disgrazia in cui versano i radicali possa bastare un semplice ventenne, magari un mini Pannella, bensì che quel ventenne sia proprio il Partito che ad oggi manca e, per quanto mi riguarda, credo sia sempre mancato.
Pannella non ha mai smesso di rivendicare la proprietà economica, ideale, politica del movimento radicale, quel famoso autobus su cui tutti possono salire – pagando il biglietto – ma che alla fine è e rimane suo. Anche per questo le sue recenti esternazioni su Emma Bonino non credo debbano stupire più di tanto, poiché si limitano a ribadire quello che era già sotto gli occhi di tutti. Il Partito Radicale, nelle sue varie accezioni, non è mai stato un movimento democratico, legalitario, in stile anglosassone, bensì è stato un movimento personalistico, carismatico, per certi versi illuminato, ma saldamente affondato nel sistema Italia, quell’Italia che ha bisogno di un leader, di un capo, di un pastore da seguire e magari idolatrare, qualcuno che indichi la via e infonda sicurezza al gregge.
A differenza di quello che si potrebbe pensare, non ho mai visto negativamente questo aspetto di Pannella, per quel poco che ho potuto conoscerlo mi è semplicemente sembrato un uomo caratterizzato da un indomabile egocentrismo, abituato ad essere considerato un visionario, un rivoluzionario, qualcuno sopra la media e il suo recente sfogo sulla Bonino credo sia lì a dimostrarlo. Il pressante bisogno di ribadire – qualora non fosse già chiaro – chi è che ha creato chi, lui l’ha messa al governo, sue sono le battaglie radicali a cui lei al massimo ha partecipato, lui l’ha scoperta quando non era ancora nessuno.
Eppure la storia è lì a testimoniare quanto fatto da Pannella e dai suoi vari compagni di viaggio, negargli un ruolo da protagonista nella storia politica italiana ed internazionale sarebbe non solo scorretto, ma anche falso. Quello che mi sorprende, in realtà, sono le persone che vivono al suo fianco, che incessantemente ne richiedono l’attenzione, che si nutrono della sua approvazione, che si accontentano di accompagnare e sostenere Pannella nelle sue idee, senza se e senza ma, considerandosi così a loro volta parte di un progetto illuminato, rivoluzionario, visionario. Insomma, una sorta di santità per osmosi.
Da agnostico dichiarato fatico purtroppo a credere nelle divinità, nei super uomini, nei leader.
Per questo credo che l’appello di Negri sia ad oggi il più indovinato. Invocando un ventenne Negri invoca una rinascita, l’evoluzione dal movimento di uno a quello di ognuno, la casa politica senza ideologie e tantomeno ideologi.
Immaginare quel partito non significa andare contro Pannella, bensì rifiutare l’idea che un’esperienza politica possa esaurirsi attorno ad una persona, significa rivendicare la possibilità di decidere, di partecipare attivamente e non solo passivamente alla vita politica, di anteporre le idee alle persone.
Per il prossimo Congresso di Radicali Italiani sogno esattamente questo: un radicale che abbia la forza di farsi testimone di un rinnovamento, che non tema il confronto con il passato, che si possa tornare a fare politica sulle idee e i progetti, che si possa discutere, votare, decidere. Un movimento che non possa essere tenuto in scacco dai debiti, dai ricatti morali (“o fate così o me ne vado!”), dalla sede, dalla radio. Se le idee, così come le persone, diventano un peso che si torni a fare politica tra la strada, che si affitti una sede magari meno prestigiosa, in provincia, che alla radio si contrappongano nuovi strumenti più veloci, interattivi ed efficaci nel garantire la partecipazione. Che si garantisca un futuro a questo movimento, fatto di idee, di esperienze, di persone.
Le parole di Pannella credo puntino proprio a questo, lui la sua rivoluzione, nel bene e nel male, l’ha già compiuta. Tocca ora a noi fare la nostra, con o senza Marco.
D’altronde, quando quel momento arriverà, non credo ci sarà posto per tutti nella piramide.