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“Legge elettorale. Le regole si scrivono tutti insieme, se possibile. Farle a colpi di maggioranza è uno stile che abbiamo sempre contestato.”  

15 gennaio 2014 – Matteo Renzi, non ancora premier, su Twitter.

Si dirà che già da tempo Matteo Renzi colora il dibattito politico con un vivace camaleontismo che solo il miglior Berlusconi avrebbe potuto superare, memorabile lo “Stai Sereno” indirizzato all’allora Presidente del Consiglio Enrico Letta prima di rilevarne il posto di lì a qualche giorno.

Eppure in questi giorni si decide la legge forse più importante del nostro sistema politico, definita dagli stessi costituzionalisti auditi la scorsa settimana alla Camera come la vera Grundnorm del nostro assetto costituzionale, poiché da essa ne discenderà a cascata l’intero esercizio del potere democratico, dall’organizzazione interna dei partiti alla rappresentatività dei cittadini nelle istituzioni.

Per quanto ne dica Renzi, il testo dell’Italicum presentato alla Camera si fonda però sugli stessi presupposti con i quali si arrivò al tanto odiato Porcellum: unire il meglio e il peggio dei diversi sistemi elettorali esistenti, dagli sbarramenti al premio di maggioranza, dai candidati nominati dalle segreterie di partito al ritorno alle preferenze, un’accozzaglia di innovazioni che risulteranno in una grande confusione elettorale che gioverà solamente ai grandi partiti organizzati.

Dispiace, perché fino a qualche tempo fa Renzi era tra i fautori del sistema maggioritario, magari con tanti piccoli collegi uninominali, in pieno stile anglosassone, così da garantire, da un lato, il ricambio nella selezione dei candidati, che si baserebbe non più sulla fedeltà alle segreterie ma sul consenso maturato sul territorio, dall’altro, l’elezione di persone e non più di uomini di partito, presupposto fondamentale per assicurare una reale rappresentatività dei cittadini.

Più che di memoria corta si dovrebbe allora parlare di una vera e propria questione di coerenza tra quanto promesso e quanto mantenuto, una politica della rottamazione che, una volta fatti fuori i vecchi vertici, si è limitata ad occuparne le posizioni.

Ma si sa, da sempre nel nostro Paese “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.